Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), oltre 1 miliardo di persone nel mondo sono obese: circa 650 milioni sono adulti, 340 milioni sono adolescenti e 39 milioni sono bambini.
A livello globale, la prevalenza dei DCA, Disturbi del Comportamento alimentare è stimata in aumento del 25%, ma solo circa il 20% delle persone affette cerca aiuto e intraprende un percorso di cura.
In Europa, si stima che 20 milioni di persone soffrano di DCA, con una prevalenza maggiore tra le donne di età compresa tra i 15 e i 25 anni e, in Italia, gli studi indicano una prevalenza dello 0,2-0,8% per l’anoressia nervosa e dell’1-5% per la bulimia nervosa.
Ma in questo quadro così importante, parlare di disturbi del comportamento alimentare è una definizione riduttiva. I disordini alimentari non sono semplicemente un problema di comportamento, ma riguardano molteplici aspetti della vita di una persona: la relazione con sé stessi, con il proprio corpo, con la famiglia, con gli altri e con il cibo.
L’evoluzione dei disordini alimentari
Le ricerche nel campo della psicoterapia strategica evidenziano come i disturbi alimentari si siano trasformati nel tempo. Se in passato avevano una forte connotazione relazionale, oggi tendono a manifestarsi come fenomeni più individuali.
Un elemento chiave è il cambiamento dei canoni estetici: negli anni ‘90 le modelle erano magre, oggi sono emaciate. Anche il mondo maschile sta vivendo questa trasformazione: l’anoressia giovanile maschile è passata dall’1% al 10%, anche a causa della pressione sociale e dell’industria della moda, che propone taglie sempre più ridotte.
Durante la pandemia, l’isolamento ha amplificato queste dinamiche: il 75% delle ragazze ha dichiarato di essere preoccupata per la propria estetica. I disordini alimentari nascono spesso come un rifugio, una forma di protezione dal dolore, ma poi si trasformano in una spirale disfunzionale difficile da interrompere.
Un problema che inizia sempre prima
L’età di insorgenza dei disturbi alimentari si è abbassata drasticamente: esistono casi di bambine di 8-9 anni con disturbi anoressici. Questo avviene perché sempre più spesso, in famiglia, sono presenti figure genitoriali con problematiche alimentari cronicizzate.
Un dato preoccupante è che i trattamenti terapeutici hanno un’efficacia inferiore al 50%, e la cronicizzazione di questi disturbi è tra le più alte rispetto ad altre patologie. Il 15% delle persone anoressiche muore, non di fame, ma per collasso cardiocircolatorio legato a carenze di sodio e potassio, spesso dovute alla sindrome da vomiting.
La necessità di un approccio sistemico
L’alimentazione non è solo nutrimento per il corpo, ma coinvolge la nostra mente e le nostre emozioni. Non possiamo pensare di risolvere il problema con le diete: l’82% delle diete fallisce e, come afferma Giorgio Nardone, “tutte le diete funzionano e tutte le diete non funzionano”. Più tentiamo di controllare rigidamente l’alimentazione, più rischiamo di perdere il controllo.
Ma allora, come possiamo prenderci cura del nostro equilibrio?
Mindfulness e alimentazione consapevole
Negli anni ‘90, la dottoressa Jean Kristeller ha sviluppato il protocollo MB-EAT (Mindfulness-Based Eating Awareness Training, Training sulla Mindfulness per la consapevolezza dei comportamenti alimentari) con il supporto di Jon Kabat-Zinn. Questo metodo si basa sulla mindfulness, ovvero sulla capacità di portare attenzione intenzionale al momento presente, senza giudizio.
Attraverso la mindfulness, possiamo imparare a riconoscere la fame emotiva, ad ascoltare i segnali del nostro corpo e a interrompere schemi alimentari disfunzionali.
Esercizio: “Un Minuto di Presenza”
Ora ti invito a sperimentare un piccolo esercizio di consapevolezza che puoi fare ovunque e in qualsiasi momento.
- Fermati. Qualunque cosa tu stia facendo, fai una pausa.
- Chiudi gli occhi (se ti senti a tuo agio) e porta l’attenzione al respiro. Non devi cambiarlo, solo osservarlo.
- Nota le sensazioni nel corpo. Il contatto con la sedia, la temperatura dell’aria sulla pelle, eventuali tensioni.
- Ascolta i suoni intorno a te, senza giudicarli. Lascia che arrivino e vadano via.
- Dopo un minuto, riapri gli occhi e nota come ti senti. C’è qualcosa di diverso?
Conclusione
La mindfulness non è una strategia per perdere peso, ma un approccio per migliorare il rapporto con il cibo e con sé stessi. Non si tratta di controllare ciò che mangiamo, ma di imparare ad ascoltarci con maggiore consapevolezza.
E tu? Quando è stata l’ultima volta che hai ascoltato davvero il tuo corpo e le tue sensazioni? Se hai sperimentato l’esercizio, prendi nota della tua esperienza! 😉
Un percorso su misura
Nell’ambito del progetto finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e dalla Regione Abruzzo, “Insieme si può”, tra le diverse attività che verranno avviate per prevenire i disagi dei giovani e l’eventuale insorgenza di disabilità, Giulia Di Sipio, Psicologa ad approccio strategico breve, Istruttrice di Mindfulness, guiderà tutti coloro che desiderano approfondire questa tematica in un percorso di otto incontri (come da calendario allegato).
Dalle 18.00 alle 20.00, il Lunedì sera, mediante la piattaforma Zoom, i partecipanti verranno guidati in una serie di incontri teorico-pratici per esplorare la differenza tra fame-sazietà-pienezza, l’importanza della misura, le tentate soluzioni che mantengono in vita le loro dinamiche disfunzionali con il cibo, la relazione con il cibo, la tavola e la cucina.
Partecipare è gratuito. Per informazioni è possibile contattare il numero 347.1692195 o scrivere all’indirizzo mail giuliadisipio@libero.it.
Lunedì 3 Marzo si terrà la Sessione Zero alla quale tutti coloro che desiderano saperne di più, possono partecipare senza impegno mediante il link: https://us02web.zoom.us/j/83709015752
ID riunione: 837 0901 5752
Per iscriversi, invece, e partecipare alle 8 sessioni, questo è il link: https://forms.gle/mJeEPJtmogArPgERA
Qualora ci fossero delle problematiche, non esitare a contattarci.
E’ possibile inviare la propria adesione entro e non oltre il 9 marzo 2025.
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