Ognuno di noi dovrebbe lavorare per essere un genio:
…l’espressione più autentica di sè
La parola genitorialità
Soprattutto negli ultimi anni, la parola genitorialità ha assunto un’importanza crescente. Una riflessione interessante è quella che ci pone di fronte all’etimologia della parola che, come genialità, ha la stessa origine dal verbo latino “gignere”: far sorgere, generare, nascere. I genitori sono dunque coloro che, ogni giorno si impegnano per far nascere qualcosa, ma anche per avere dei figli geni, ossia persone in grado di manifestare ed essere il proprio corredo genetico: sé stessi.
Ognuno di noi dovrebbe lavorare per essere un genio.
Il genio di oggi
Il genio non è più dunque il campione della squadra o colui che emerge all’interno del gruppo. In questa specifica accezione, è il bambino prima, l’adulto poi, che nasce all’interno di un buon ambiente familiare, sociale e culturale che gli consente di sperimentare e sperimentarsi nelle sue diverse sfaccettature per scoprire realmente chi è e chi desidera essere.
Visto da questo punto di vista, è facile desumere quanto possa essere importante e fondamentale essere dei genitori che permettono al figlio/a di fare molteplici esperienze: sporcarsi le mani, sbagliare talvolta… sempre nell’ottica di facilitare la scoperta dei propri talenti, il rafforzamento delle proprie abilità, sapendo di poter contare su un sostegno e un ambiente protetto.
Essere genitori oggi
Essere padri e madri non è più dunque offrire solo protezione e nutrimento, ma anche un supporto valido, una guida nella scoperta dei propri lati nascosti, delle proprie risorse latenti. Attraverso una presenza costante, talvolta a distanza, il genitore fa il tifo per il proprio figlio affinché impari a spostare durante il suo percorso i propri paletti un po’ più in là in modo progressivo, nel rispetto dei propri limiti e delle proprie vulnerabilità. Non un atteggiamento sfidante, è quello che dovrebbe essere suggerito, ma stimolante, sempre con un’attenzione all’accudimento di quelle fragilità presenti o che potranno manifestarsi lungo il tragitto.
Essere un gener-attore
Nell’ottica di quanto appena espresso, quali sono dunque le funzioni ed abilità che un genitore oggi dovrebbe sviluppare e/o potenziare per poter essere il gener-attore di quell’ambiente sano e stimolante che abbiamo poco fa nominato? Gener-attore in quanto: colui che genera il contesto, l’ambiente protetto, delimitato, ristretto, all’interno del quale il bambino può crescere e via via fare in modo che quei confini si allarghino in funzione del suo sviluppo; attore poiché il genitore è colui che agisce (dal latino actor, agire) nel tempo e permette che il proprio figlio o la propria figlia proseguano nel proprio percorso di vita in cerca della loro identità ed autonomia.
Le funzioni della genitorialità
Secondo le diverse teorie, una buona genitorialità dovrebbe, per accompagnare il bambino nel suo processo evolutivo e appagare, nutrire, i suoi bisogni, accogliere la complessità dell’argomento e lavorare per sostenere le diverse funzioni che è necessario riconoscere, attivare e stimolare nel corso del tempo:
– Funzione protettiva: offrire cure adeguate ai bisogni del bambino attraverso la presenza, l’interazione, la protezione, la vicinanza;
– Funzione affettiva: sviluppata soprattutto nei primi mesi di vita del bambino attraverso l’interazione mamma-figlio e poi integrata, nel corso dello sviluppo dalla figura paterna; questa funzione non è soltanto il “voler bene”, ma la capacità di entrare in risonanza affettiva con il piccolo senza esserne inglobato, il garantire al figlio la struttura identitaria sapendo che egli è un essere a sé stante con emozioni proprie;
– Funzione regolativa: intesa come la capacità di “insegnare al bambino” a regolare le proprie emozioni, i propri stati d’animo, la propria risposta comportamentale;
– Funzione normativa: espressa nella capacità del genitore di dare dei limiti e dei confini al proprio bambino trasmettendogli: da un lato un senso di sicurezza, dall’altro il suo approccio all’autorità, alle regole, alle istituzioni;
– Funzione predittiva: è la capacità che il genitore ha di prevedere l’evoluzione del proprio bambino, il raggiungimento di un determinato stadio evolutivo e dunque di saper sostenere questo processo nel suo complesso e nelle sue difficoltà;
– Funzione rappresentativa: intesa come la competenza del genitore di interagire con il bambino modificando le proprie rappresentazioni in base allo sviluppo del bambino stesso. Per quanto, infatti, ci possa sembrare strano, il modo che il bambino ha di rappresentare il suo mondo, cambia proprio in funzione di come cambia la rappresentazione che il genitore ha del mondo stesso. E potremmo anche aggiungere: di come lo narra…
– Funzione significante: questa funzione, strettamente legata a quella precedente, costituisce la base, potremmo dire, del contenuto pensato e pensabile del bambino. Avviata soprattutto nella prima interazione tra madre e bambino, tale funzione prevede che il neonato inizi piano piano, con l’aiuto della sua relazione con la mamma a dare un senso ai suoi bisogni, ai suoi gesti, ai suoi movimenti;
– Funzione fantasmatica: ogni bambino che nasce all’interno di un nucleo familiare crea la sua identità sulla base di una serie di fantasie iniziali. Queste, in un primo momento corrispondono ai “fantasmi” dei genitori. È solo in un secondo momento che da “esterne” al bambino diventano “interne” e gli consentono di sviluppare una sua identità frutto del suo connubio tra fantasia e realtà;
– Funzione proiettiva: ciascun genitore ha delle proiezioni sul proprio figlio. Nonostante esso dovrebbe, fin dal principio essere considerato come un individuo distinto dai genitori, con una vita autonoma da costruirsi secondo quelle che saranno le sue abilità, aspirazioni, desideri… in realtà, all’interno del nucleo familiare è inevitabile che si creino delle dinamiche. Se il genitore da un lato vede nel proprio bambino, un essere a sé stante, dall’altro, lo concepisce come una parte di sé e dunque oggetto di proiezioni ed aspettative. Questa funzione è fondamentale per ristabilire, all’interno di queste dinamiche, del tutto naturali, un equilibrio e far sì che il genitore, nel corso dello sviluppo evolutivo del proprio figlio, rielabori continuamente quanto sta accadendo e faciliti il processo in un’ottica verso il raggiungimento dell’autonomia;
– Funzione triadica: ovvero la capacità di creare un’alleanza tra i genitori e il figlio. Come in un gioco di squadra, anche all’interno del nucleo familiare è fondamentale che ci sia sostegno reciproco, capacità di lasciare spazio all’altro, desiderio di entrare in empatia, rispetto;
– Funzione differenziale: con questa funzione si va a sottolineare l’importanza che nella vita del bambino hanno la presenza della maternalità e paternalità, intese come le due modalità di relazione che solitamente hanno nei confronti del proprio figlio, la madre ed il padre. Questo non vuol dire che in assenza di uno dei due genitori, non possa esserci uno sviluppo sano del bambino, ma è importante che ogni genitore riconosca l’importanza rapportarsi con il proprio bambino, assicurandogli entrambe le “energie”. Poiché ciascun individuo dentro di sé ha sia la modalità di espressione materna che paterna, in percentuali e accentuazioni diverse, sarà fondamentale riconoscerle per poterle adoperare, regolare e far scendere in campo nel momento più opportuno;
– Funzione transgenerazionale: quando il figlio nasce viene inserito, potremmo dire “automaticamente” nella storia della famiglia, in quel continuum generazionale che comprende la sua nascita e racchiude le relazioni con le sue due famiglie di origine. Questa funzione, a prescindere da quanto numerose siano le famiglie dei genitori, interviene nel narrare al bambino appena arrivato la sua storia, dargli un’idea del “prima”, contestualizzare “il qui ed ora”, permettergli di immaginare e costruire un “dopo”.
Come lavorare per migliorare la genitorialità
Partendo dall’accogliere ed accettare sé stessi e il proprio figlio. Non ci sono vie traverse o scappatoie. Ognuno di noi per trasformare, migliorare ciò che ha, deve partire con l’accoglienza e l’accettazione di ciò che è e di quello di cui dispone. Solo una volta che si è fatto questo, si può iniziare un percorso personale fatto di ascolto, di mediazione, di potenziamento delle proprie abilità per arrivare a creare quell’ambiente protetto in cui ogni genitore diventa gener-attore e facilita il proprio figlio a divenire un genio, l’espressione più autentica di sé.